lunedì 26 gennaio 2009
venerdì 23 gennaio 2009
T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
T'amo senza sapere come, né quando, né da dove,
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
da Cento sonetti d'amore
Sottile visitatrice, giungi nel fiore e nell'acqua.
Sei più di questa bianca testina che stringo
come un grappolo tra le mie mani ogni giorno-
A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra ghirlande gialle.
Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ti ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.
Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire tutti i venti, tutti.
La pioggia si denuda.
Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
lo posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.
Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ultimo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi.
Ora, anche ora, piccola, mi rechi caprifogli,
ed hai anche i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.
Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l'astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.
Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi
Pablo Neruda
mercoledì 14 gennaio 2009
Immensity cloistered in thy dear womb,
Now leaves his welbelov'd imprisonment,
There he hath made himself to his intent
Weak enough, now into our world to come;
But Oh, for thee, for him, hath th'Inne no roome?
Yet lay him in this stall, and from the Orient,
Stars, and wisemen will travel to prevent
Th'effect of Herod's jealous general doom;
Seest thou, my Soul, with thy faith's eyes, how he
Which fills all place, yet none holds him, doth lie?
Was not his pity towards thee wondrous high,
That would have need to be pitied by thee?
Kiss him, and with him into Egypt goe,
With his kind mother, who partakes thy woe.
Repair me now, for now mine end doth haste,
I run to death, and death meets me as fast,
And all my pleasures are like yesterday;
I dare not move my dim eyes any way,
Despair behind, and death before doth cast
Such terror, and my feeble flesh doth waste
By sin in it, which it t'wards hell doth weigh;
Only thou art above, and when towards thee
By thy leave I can look, I rise again;
But our old subtle foe so tempteth me,
That not one hour my self I can sustain;
Thy Grace may wing me to prevent his art,
And thou like Adamant draw mine iron heart.
domenica 11 gennaio 2009
Adesso sono in mezzo ai vivi come il ramo nudo il cui secco rumore fa paura al vento della sera. Ma il mio cuore è gioioso come il nido che ricorda e come la terra che spera sotto la neve. Perchè so che tutto è dove deve essere e va dove deve andare: al luogo assegnato da una sapienza che (il Cielo ne sia lodato!) non è la nostra."
O. V. Milosz, Miguel Manara
"E’ questa la regione è questo il suolo e il clima",
disse allora l'Arcangelo perduto, "è questa sede che
abbiamo guadagnato contro il cielo, questo dolente buio
contro la luce celestiale? Ebbene, sia pure così
se ora colui che è sovrano può dire e decidere
che cosa sia il giusto: e più lontani siamo
da lui e meglio è, da lui che ci uguagliava per ragione
e che la forza ha ormai reso supremo
sopra i suoi uguali. Addio, campi felici,
dove la gioia regna eternamente! E a voi salute, orrori,
mondo infernale; e tu, profondissimo inferno, ricevi
il nuovo possidente: uno che tempi o luoghi
mai potranno mutare sua mente. La mente è il proprio luogo
e può in se fare un cielo dell’inferno, un inferno del cielo
Che cosa importa dove, se rimango me stesso; e che altro
dovrei essere allora se non tutto, e inferiore soltanto
a lui che il tuono ha reso il più potente? Qui almeno
saremo liberi; poiché l'Altissimo non ha edificato
questo luogo per poi dovercelo anche invidiare,
non ne saremo cacciati: vi regneremo sicuri, e a mio giudizio
regnare è una degna ambizione, anche sopra l'inferno:
meglio regnare all’inferno che servire in cielo.
Quindi perché lasciare gli amici fedeli,
gli alleati e i partecipi di questa nostra perdita,
giacere così attoniti sull'acque immemoriali,
e non chiamarli con noi a condividerela loro sorte in questa dimora infelice,
o a tentare con noi nuovamente, riprese le armi,
ciò che ancora può essere riconquistato in cielo?
venerdì 9 gennaio 2009
Appartengo, fin dal principio, al cielo?Se non v'appartengo, perché
mi ha fissato così, per un attimo,
e mi ha attirato lassù, con la mia mente, in alto, sempre più in alto,
e senza tregua mi seduce e mi trascinaverso altezze remote all'umano?
L'equilibrio severamente studiato,
il volo razionalmente calcolato,
nessuna anomalia sarebbe possibile;
perché dunque la brama di salire nel cielo
è così simile, in sé, alla follia?Niente mi può appagare,
subito mi tedia qualsiasi novità terrestre.
Più in alto, più in alto, instabilmente
vengo trascinato sempre più vicino al fulgore del sole.
Perché la sorgente di luce della ragione mi brucia,
perché la sorgente di luce della ragione mi annienta?
Sotto di me, in lontananza, villaggi e fiumi sinuosi
assai più tollerabili appaiono di quando sono vicini.
Perché mi perdonano, mi approvano, mi invitano,
suggerendo che così lontano
potrei anche amare l'umano
sebbene un simile amore non possa essere la mia meta?
E, se anche lo fosse, non avrei forse
ragione di appartenere fin dal principio al cielo?
Mai ho invidiato la libertà degli uccelli,
mai ho desiderato l'indolenza della natura,
incitato solo dal misterioso struggimento
a salire, ad avvicinarmi, ad immergermi nell'azzurro del cielo.
Così contrario alle gioie organiche,
così lontano dai piaceri di uno spirito superiore.
Più in alto, più in alto, irretito, forse, dalla lusinga e dalla vertigine delle ali di cera?
E dunque,
Se dal principio appartenessi alla terra?
E perché la terra, se così non fosse,
provocherebbe con tanta rapidità la mia caduta
senza concedermi il tempo di pensare o di sentire?
Perché la terra così morbida e languida,
mi ha accolto con l'urto della lamina d'acciaio?
La tenera terra si è trasformata in acciaio
solo per mostrarmi la mia fragilità,
affinché la natura mi mostrasse
che la caduta è molto più naturale del volo,
molto più naturale di quella misteriosa passione?
L'azzurro del cielo è un'illusione
prodotta dall'ebbrezza bruciante ed effimera
delle ali di cera, e tutto, fin dal principio
fu escogitato dalla terra, a cui io appartengo?
O forse il cielo, segretamente, favorì il piano
per colpirmi con la sua punizione?Per punirmi della colpa
di non credere che esista un io,
o di credere troppi bel mio io,
di volere impazientemente conoscere a chi io appartenga,
o di presumere di sapere tutto
e di tentare di volare lontano,verso l'ignoto,
o verso il conosciuto, sempre verso il punto di un azzurro simbolo?
yukio mishima
giovedì 8 gennaio 2009
Don Giussani
martedì 6 gennaio 2009
nella pioggia primaverile
solitudine:
aranci in fiore
fiori di pruno:
stanchezza:
tra la barca e la riva
a separarci si alza un salice
ad ogni cancello
domenica 4 gennaio 2009
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia)
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari,il tuo mattino
e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia)
quand' ombra non rendono gli alberi,
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1925)