giovedì 26 febbraio 2009

Stasera

Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia

Giuseppe Ungaretti

domenica 15 febbraio 2009

''Il possesso a cui tende l'amore è molto di piu' a un metro dall'oggetto che neanche afferrandolo. E' come l'areoplano che, quando parte, dà su di giri ai motori e, quando sono al massimo e vibra tutta la carcassa dell'aereo, tutto vibra,-zac!-si mette in volo.Cosi', di fronte a una persona amata, nell'amore a una persona, è molto piu' grande l'intensità dell'amore quando ti fermi a un metro e tutto vibra e tutto sembra volerla afferrare e tu ti trattieni dall'afferrare, non per trattenerti dall'afferrare, ma perchè c'è un'adorazione e un riconoscimento del significato della cosa. E tu sei li' che vivi questo sentimento di significato e trattieni l'impeto che ti spingerebbe a una presa puramente meccanica. In quel momento tu vuoi bene a quella persona centomila volte di piu' che neanche se l'afferri con tutte e due le mani. Per amare una presenza, tu devi riconoscere che essa è segno del Mistero, di Cristo: cio' di cui è fatta è Cristo. E tutto in te, davanti a essa, viene proteso e lanciato come domanda a Cristo che si sveli, che si faccia vedere. Perchè, quando Cristo si fara' vedere in quella faccia, sarà la fine del mondo, sarà l'eternità (quell'eternità di cui quella persona è fatta: se è fatta di Cristo, è fatta di eternità, no?) Essere a un metro senza prendere vuol dire essere tutto proteso nel prender coscienza del segno che essa è. Per questo niente al mondo la può piu'cancellare, proprio perchè è segno di Cristo; e niente al mondo puo' soverchiarla, perchè è segno di Cristo. Se è segno di Cristo, quello che ti viene di conseguenza è lo struggimento perchè Cristo si riveli in lei, cioè che appaia la definitività della cosa, appaia la verità della cosa nella sua definitività. Perchè anche in Paradiso la persona amata è segno in cui cio' di cui è segno si effonde, si rivela, esplode. Quando Gesu' guardava la Samaritana, era cosi': era il segno del Padre la Samaritana e Cristo viveva lo struggimento che il Padre si manifestasse in lei, che tutto il mondo in lei vedesse il Padre, cioè vedesse Lui, perchè il Padre si era fatto carne nel Figlio. Soltanto che Gesu' non aveva il prurito che abbiamo noi, l'istinto che abbiamo noi, il disordine, l'impetuoso disordine che noi subiamo dopo il peccato originale, perciò è come se fosse li' a un metro, ma contemplando e desiderando. Forse la parola giusta è adorando. L'uomo non puo' amare la donna che ama, se non da un metro di distanza."
don Luigi Giussani
Quanto più si ama, tanto più uno ha bisogno di sacrificio per fondare ciò che ama. […]
Perché l'Eterno è entrato nel mondo dove c'è ciò che guardo con preferenza. Quanto più uno ama, quanto più preferisce, tanto più ha come una strana necessità di sacrificio. Che non è per Gesù, ma è per le realtà di questo mondo, perché siano vere![…]necessità di sacrificio perché emerga quello che viene prima nel rapporto. E così il rapporto sta, diventa vero, sempre più vero, e non va via più, cioè diventa eterno. E l'Eterno che entra nel rapporto amato lo rende segno, ma segno questa volta reale, come segno più vicino per analogia al sacramento, segno cioè che porta dentro di sé la sua verità. Non è un sentimento mio, non si risolve in sentimento mio, ma si risolve in una dedizione del mio io all'altro, al tu, in cui il tu diventa vero per il sacrificio che io devo continuamente compiere per affermare il Tu che sta dietro il tu, cioè il Tu di Cristo.
La tua personalità è sempre più lieta che ciò che ama abbia dentro l'Eterno: non lo perderà più.

[…] Quanto più acutamente si ama tanto più diventa necessaria una sofferenza. La sofferenza è necessaria non per purificare la cosa per Cristo, ma per rendere vera la cosa.
Il sacrificio è per la verità del tempo e dello spazio, per la verità delle cose. Per la verità delle persone; e quanto più si ama una persona tanto più questa necessità si sente e si percepisce. E ciò che tiene su tutto questo è proprio quella fede e quell'amore a Cristo in cui Cristo è la forza che mi rende forte. Rende forte me, perché è fede e amore mio, è sacrificio mio; come è preferenza mia, come è cosa mia. Ma è Cristo che tiene su tutto questo.

[…] Perché per voler veramente bene a una persona, in modo eccezionale, bisogna che nel rapporto viva un sacrificio tale che quella persona è come se ci aprisse ad abbracciare tutta la comunità, tutto ciò che è presente, e porta dentro di sé tutto ciò che è presente. […] un'amicizia particolare, una preferenza, spalanca.

Il sacrificio sta nel guardare alla persona a cui vuoi bene con la memoria di Cristo, secondo la memoria di Cristo. […] La parola sacrificio non indica affatto necessariamente fatica e dolore o – meglio – rinuncia, fatica come rinuncia. Vuol dire far penetrare la memoria di Cristo in quello che ami; allora quello che ami diventa più vero, perché viene penetrato dall'Eterno. E la memoria da far penetrare è : "Vieni Gesù". […] La presenza che ti ha colpito deve essere penetrata della memoria di Colui che l'ha fatta, di Cristo. E questo implica un sacrificio in tutto ciò che vorrebbe arrestarti alla sorpresa, allo stupore. Quindi è nello stupore e nel sacrificio che si afferma Cristo. […]
Non assumete la categoria mondana di amore, perché la categoria mondana di amore potrà farvi stare due minuti in estasi di fronte a quello che sentite, alla bellezza, o ripeter questi due minuti altre 34 volte in 3 anni, ma non produce una categoria diversa, 100 volte più potente, di sguardo amoroso. Lo sguardo amoroso che nasce sui ruderi dello sguardo naturale, istintivo – diciamo naturale: è più giusto perché riguarda l'istinto ma anche l'ovvio, il sentimento ovvio - , lo sguardo ammirato, di ammirazione e di gioia che nasce sull'abbandono dei detriti del nostro sentimento naturale, che si è insinuato in noi dopo che abbiamo fatto fatica (mortificazione: apparenza di negazione), dopo che abbiamo fatto questa esperienza di rinnegamento, è 100 volte diverso. […]

Lo sguardo amoroso cristiano non teme niente, è preoccupato che tutto c'entri: non è sguardo amoroso a te se non è sguardo amoroso alla tua persona. […] Se si ama tutta la realtà della creatura che si ha davanti, innanzitutto se ne ama il destino!

[…]E' presuntuoso dire: "Sì, ti amo", come è presuntuoso che un uomo dica alla sua donna, alla donna che gli chiede : "Mi ami tu?", "Sì, ti amo". Normalmente è di una presunzione senza limiti quest'affermazione, perché non è vera. Per poter rispondere sì ti amo, devi attraversare la faccia e vedere dietro, in prospettiva, la presenza del suo destino, che è la presenza di Dio fatto uomo.

[…]Il primo amore verso una persona, o l'espressione prima dell'amore verso una persona, è che in essa si avveri, si operi la verità: che conosca il vero e che si operi il vero. […] Quando si vuole veramente bene è solo l'amore alla verità dell'altro che può portare al sacrificio.
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[…]Perciò la coscienza del vero non solo non elimina, non elude il sentimento, ma fonda il sentimento giusto […] e il sentimento si può rivelare come attaccamento a cio che è vero. L'attaccamento è il fondo anche dell'amore umano. L'amore umano, ultimamente, comunque sia nato, non rimane mai com'è nato: l'ultima sua verità è l'attaccamento. L'attaccamento sembra non essere un sentimento, invece è un sentimento: si chiama fedeltà.

Una persona, quando vuol bene a un'altra persona, nella misura in cui vuol bene a un'altra persona, cosa può fare se non domandare?O pretendere o domandare […] "Posso essere 100 volte peggio di quel che sono: ti prego, amami, perché io ti amo"è il rapporto tra Gesù e san Pietro, che è la pagina umanamnte più bella che esista al mondo. Infatti, il gioco più acuto dell'amore umano, che è la preferenza, inevitablmente, al cento per cento, si riconduce a naturalismo, a pretesa naturalistica, a scelta naturalistica, a richiesta naturalistica, e non invece a una passione più grande per il destino dell'altro.

L'ideale cui tende ogni amore vero, nel suo culmine, l'amore tra l'uomo e la donna, l'unità tra i due, l'immedesimazione tra i due che è tragicamente impossibile, diventa possibile: tu e io siamo una cosa sola con Cristo e in Cristo; se non ci fosse Cristo cesseremmo di essere una sola cosa così e saremmo giustapposti.
Meno che dar la vita non è amare. Noi diciamo: "Si vuol bene se si vuole il destino dell'altro". […] E' la nuda e cruda totalità d'affermazione dell'altro. La ricerca di una corrispondenza […] nn solo è il paradosso più sperimentalmente impressionante, ma è anche il paradosso supremo: quando uno è follemente innamorato di una persona, la esige. Annulla l'amare: l'altro è il grande e terribile, tremendo pretesto per affermare sé.

Ma una contentezza che impegna la tua vita con un'altra vita, totalmente, come fa ad accadere?Soltanto di fronte all'avvenimento che Dio ti ha cercato, ti ha cercato e ti ha trovato, è venuto con te, cammina con te, c'è una contentezza tale per cui uno può amare chiunque altro. […] Perché è soltanto se Dio viene in terra che uno ha una contentezza tale da poter amare, o uno incontra una grazia tale da sperare. Perché sperare è tutta la vita e amare è tutta la persona.
don Luigi Giussani

venerdì 13 febbraio 2009

ELUANA E NOI…12.02.2009

Una cosa è certa: abbiamo bisogno della “carezza del Nazareno”, come ha detto Enzo Jannacci. Senza di Lui siamo perduti, disperati… E preghiamo che Eluana sia stata abbracciata dalla Nostra Madre
Il signor Beppino Englaro a “El Pais” aveva dichiarato: “la Chiesa non mi può imporre i suoi valori”. Ma la Chiesa non imponeva niente, esortava semmai a non imporre la morte a Eluana. Nessuno fino a ieri sera ha potuto affermare che l’ordinamento italiano, a partire dalla Costituzione, permetteva – come dice brutalmente Giuliano Ferrara – “l’eliminazione fisica di una disabile”.
Nessuno. E’ noto infatti che la legge punisce addirittura chi fa morire di fame e di sete un gatto o un cane (lo si è visto proprio in un caso dell’estate scorsa).
Ora però, a un essere umano, questa morte orribile è stata inflitta. Per legge? No. Non c’è nessuna legge che lo consenta. Meno che mai la Costituzione. E nessuno – dicasi nessuno – dei progetti di legge in discussione finora (neppure i più estremisti) prevede che un caso come Eluana possa finire con la morte per fame e per sete. Non solo, ma il disegno di legge del governo che salvava espressamente Eluana in Parlamento aveva una enorme maggioranza, più grande dello schieramento di centrodestra. E allora come è potuto accadere? Per un pronunciamento della magistratura? Tutto sembra surreale. Ognuno ha le sue responsabilità (compreso il Parlamento che ha aspettato fino all’ultimo).


Ma che spettacolo tragicomico quello di intellettuali che, mentre una giovane donna stava morendo, si sono messi a strillare contro il presunto attentato alla Costituzione da parte di Berlusconi. Qua si rovescia la frittata in modo plateale. A noi sembra che Berlusconi, coraggiosamente e generosamente, abbia cercato di rimettere le cose al loro posto, restituendo all’esecutivo le sue prerogative, derivanti dal mandato popolare e a Eluana i suoi diritti. Ci sembra che l’anomalia sia il ruolo assunto in questo caso dalla sentenza magistratura, diventata, per il veto pronunciato contro il governo dal presidente Napolitano, intangibile più del Corano.
Il quale Napolitano – detto per inciso – ha manifestato la sensibilità alla vita che può avere chi come lui viene dalla storia comunista, di dirigente del comunismo internazionale del Novecento. Questa tragedia però impone adesso una svolta alla politica italiana. E speriamo che Berlusconi non si fermi. Bisogna restituire la sovranità al popolo italiano e al governo eletto dagli italiani, per restituire a tutti i propri diritti: è questione vitale per questo Paese.


Ma, tornando alla tragica storia di Eluana, in quell’intervista il signor Englaro ha aggiunto, sempre in riferimento alla Chiesa: “non mi sono rivolto alla Chiesa, ma ai tribunali di giustizia. A loro non ho chiesto niente, né glielo chiederò”. Qui sorge una domanda: è proprio sicuro il signor Englaro di non aver chiesto niente alla Chiesa? Vorremmo capire meglio. La figlia Eluana non è stata forse accudita per circa 17 anni dalle affettuose e delicate suore misericordie di Lecco?
Non so se il signor Englaro le abbia mai ringraziate pubblicamente. Le suore che hanno amato Eluana come una sorella e una figlia sono state sempre silenziose, ma - sommessamente e umilmente – quando la situazione si è fatta pesante hanno chiesto che Eluana fosse lasciata a loro, che avrebbero continuato ad accudirla con tenerezza come hanno fatto per anni. Non so se siano state ritenute meritevoli di una risposta pubblica (io non ne ho viste). Queste suore sono testimoni importantissimi fra l’altro della situazione di Eluana, il cui stato era un mistero per la medicina. Infatti nessuno può dire fino a che punto veramente la giovane donna fosse assente, fino a che punto non abbia capito tutto.


Una di queste suore ha rivelato che la ragazza sembrava avere un respiro più affannoso e un battito più veloce quando nella sua stanza si parlava della controversia relativa a lei. Ci sono poi dei fatti strani accaduti in concomitanza con quel suo trasferimento che da Lecco, dove aveva vissuto per anni con le suore, l’ha portata alla casa di cura di Udine dove dovrebbe morire. Pare che chi ha viaggiato con lei sia rimasto molto impressionato dalla sua improvvisa e persistente tosse. La domanda che sorge spontanea è la seguente: Eluana ha cercato di comunicarci qualcosa?
Il sospetto non è affatto campato per aria. Ormai la medicina si interroga seriamente sulla condizione di queste persone. Tempo fa il “Sunday Times” riferiva di un nuovo studio medico secondo cui “il 40 per cento dei pazienti in coma in ‘stato vegetativo’ possono essere mal diagnosticati”. Cioè possono avere una certa coscienza di sé.


In realtà alcuni esperimenti lo hanno già dimostrato. La “Risonanza magnetica funzionale” del neurologo Adrian Owen dell’università di Cambridge, con Steven Laureys, del’università di Liegi, ha spalancato alla medicina nuovi orizzonti (vedi “Science”, settembre 2006) facendo clamore in tutto il mondo. Il professor Owen ha monitorato le parti del cervello che si attivano quando si rievocano certi ricordi o si chiedono certe azioni. Lo ha fatto in una ragazza di 23 anni in stato vegetativo a seguito di un incidente stradale in cui aveva riportato un grave trauma cranico. Con uno scanner per la risonanza ha scoperto che in lei vi era un’attivazione delle aree cerebrali identica a quella che accade in una donna in perfetta salute.
Ha dimostrato così che il cervello del paziente in “stato vegetativo”, finora ritenuto completamente disattivato, in realtà funziona. L’eccezionale scoperta di Owen prospetta addirittura la possibilità di mettersi in contatto con queste persone che continuano a mantenere un certo livello di coscienza, ma non riescono a dare ordini al corpo.
Finora la medicina aveva brancolato nel buio, perché resta misterioso il luogo in cui veramente risieda la coscienza. Adesso scopriamo che in realtà la coscienza può permanere (e la cosa è dimostrabile con l’attivazione del cervello), ma non riesce a comunicare.
E’ la Chiesa che – contrariamente ai luoghi comuni – esorta la scienza ad andare avanti in queste ricerche. Un primo passo è stato fatto quando, è cosa recente, la medicina ha deciso di non definire più “irreversibile” lo stato vegetativo. E in effetti sono tanti coloro che si sono risvegliati sconvolgendo le previsioni infauste. Che finora la medicina abbia sottovalutato quella condizione è provato anche da diverse testimonianze di persone che – pure in ospedali italiani (parlo per conoscenza diretta) - trovatesi in coma, in una condizione nella quale secondo i medici non potevano assolutamente sentire cosa veniva detto, hanno ascoltato precisamente i discorsi che intercorrevano fra i diversi dottori durante quelle ore e li hanno poi riferiti (al loro risveglio) per filo e per segno lasciando sconvolti quegli stessi medici.


Giuseppe Sartori, ordinario di Neuroscienze cognitive all’Università di Padova, tempo fa ha dichiarato: “Da quando è stato dimostrato che i pazienti in stato vegetativo possono mantenere qualche forma nascosta di consapevolezza dovrebbe valere il principio di precauzione: non possiamo far morire una persona che forse ci sta sentendo e capisce che cosa accade a lei e intorno a lei”.

Probabilmente Eluana in queste ore ha sopportato una sofferenza fisica enorme (tanto che si è dovuto sedarla), ma – se aveva un certo grado di coscienza (come i nuovi studi dicono) – chi può dire la sofferenza morale che ha vissuto? Ora la tragedia si è consumata. La Chiesa tanto vilipesa, la Chiesa che ha abbracciato Eluana in questi 17 anni con l’amore materno delle suore, ora invoca per lei “la carezza del Nazareno”, come diceva poeticamente Enzo Jannacci. Una ricompensa eterna alle sue sofferenze. Ma il nostro Paese? Un brivido ci corre nella schiena.
Antonio Socci
Da Libero, 10 febbraio 2009

mercoledì 11 febbraio 2009

dal blog pensierimprovvisi.splinder.com

Cari amici, incredibile come già Leopardi avesse preso in considerazione un problema come quello di Eluana...

"Un esempio di quando la ragione è in contrasto colla natura. Questo malato è assolutamente sfidato e morrà di certo fra pochi giorni. I suoi parenti per alimentarlo come richiede la malattia in questi giorni, si scomoderanno realmente nelle sostanze: essi ne soffriranno danno vero anche dopo morto il malato: e il malato non ne avrà nessun vantaggio e forse anche danno perchè soffrirà più tempo. Che cosa dice la nuda e secca ragione? Sei un pazzo se l'alimenti. Che cosa dice la natura? Sei un barbaro e uno scellerato se per alimentarlo non fai e non soffri il possibile. È da notare che la religione si mette dalla parte della natura» (G. Leopardi. Zibaldone, Luglio-Agosto 1817)."
CASO ELUANA: articoli

http://www.clonline.org/articoli/ita/rass_CasoEluana.htm


10.02.2009 Il Dossier su Il Sussidiario
10.02.2009 Appello a Napolitano, raccolte più di 150mila adesioniPaolo Lambruschi, Avvenire Signore, tieni stretto a te quel suo padre BeppinoMarina Corradi, Avvenire La legge mai fatta. La responsabilità di un disastroAntonio Socci, Libero Il pianto delle "sue" suore. "Per noi era una figlia. Ora è nelle mani di Dio"Anna Savini, il Giornale Un abbandono estremo forma più grave d'eutanasiaFrancesco D'Agostino, Avvenire 09.02.2009 Il padre di Terri Schiavo: morire così è una barbariela Repubblica E i cattolici si appellano al Colle. 70mila firme: salvate EluanaIl Messaggero "Uccidete anche me". L'Italia in piazza per salvare EluanaMaria Sorbi, il Giornale Int. a G. Betori: "Per i cristiani le persone sono sopra la legge"Aldo Cazzullo, Corriere della Sera Int. a Pupi Avati: "Da 17 anni non sente dolore. Ora Eluana muore soffrendo"Michele Brambilla, il Giornale08.02.2009 Scola: "Pregate tutti per la vita di Eluana"Silvia Castello, Il Gazzettino Lasciar morire di fame sarà forse costituzionale?Marina Corradi, Avvenire "Eluana non diventi la nostra Terri Schiavo"Enrico Negrotti, Avvenire Celentano si schiera: lasciatela vivereAlessandra Retico, la Repubblica Mirabelli: "Quel decreto non era anticostituzionale"Vincenzo La Manna, il Giornale "Io, laico, lacerato da questo caso"Andrea Galli, Avvenire 07.02.2009 Nella tragedia di Elu il senso della vitaRoberto Colombo, il Giornale La rivoluzione. Cade il tabù del Colle inviolabileNicolò Zanon, Libero Più buio attorno a noi. E la vita più insidiataAngelo Bagnasco, Avvenire Ruini. «È un omicidio. Quel decreto è un dovere»Aldo Cazzullo, Corriere della Sera Week end più sacro della vitaMichele Brambilla, il Giornale CL: «Anche sui luoghi di studio e di lavoro momenti di preghiera...Avvenire06.02.2009 Quella tosse squassa le prime coscienzeLucia Bellaspiga, Avvenire Int. a S. Menard: L'eutanasia? Via di fuga solo per i saniPaolo Lambruschi, Avvenire L'ateo Jannacci: allucinante fermare le cureFabio Cutri, Corriere della Sera Gentile Presidente, firmi. E' cosa laica e giustaGiuliano Ferrara, il Foglio Da padre a padre. Caro Sig. Englaro...Mario Dupuis, ilsussidiario.net L'assurdo scaricabile sul QuirinaleAntonio Polito, il Riformista05.02.2009 CL di Udine: rosario per EluanaAvvenire Quel volto nascosto eppure conturbanteDavide Rondoni, Avvenire In nessun centro del mondo sarebbe dichiarata mortaRoberto Colombo, Avvenire Int. a suor Albina: "Guardatela, vi accorgerete che vive"Paolo Lambruschi, Avvenire "Eutanasia, una ferita per la nostra cultura"Mimmo Muolo, Avvenire Int. a Bobby Schindler: "Nessuno merita la fine orribile che fece mia sorella"Eleonora Barbieri, il Giornale04.02.2009 Tre domande a due espertiMario Riccio e Marco Pierotti, la Repubblica Vi racconto Beppino ed EluanaPino Ciociola, Avvenire Int. a R. Fisichella: "Basta mentire: questa è eutanasia"Andrea Tornielli, il Giornale Formigoni: "Non è vero che Eluana soffre ma tra poco sì che soffrirà"Il Foglio Int. a mons. Crociata. I Vescovi: No all'eutanasia. Va assistitaMimmo Muolo, Avvenire03.02.2009 L'anatema del cardinale Barragan: "Fermate quella mano assassina"Orazio La Rocca, la Repubblica Un sussulto di umanità di fronte alla sofferenzaRoberto Colombo, Avvenire31.01.2009 Int. a R. Formigoni: "Eluana respira, ha una vita piena, le sentenze non sono state chiare"Piero Colaprico, la Repubblica29.01.2009 Forzature, discriminazioni, silenzi. Ma un giudice c'è a Milano?Assuntina Morresi, Avvenire 28.01.2009 La sfida di Formigoni: non applicheremo il verdetto su EluanaMaurizio Giannattasio, Corriere della Sera Se Eluana può morire, allora l'eutanasia è già prestazione obbligatoriaIl Foglio Caso Eluana: ecco i testimoni mai ascoltatiLuigi Santambrogio, Libero 27.01.2009 Int. a R. Formigoni: "Una decisione aberrante e ideologica"Gianandrea Zagato, il Giornale L'assessore Boscagli: "In Lombardia altri 480 casi ma nessuno ne parla"Gianandrea Zagato, il Giornale (Mi) Fine vita, ecco il testo base. Né accanimento né eutanasiaPier Luigi Fornari, Avvenire Testamento biologico, la legge del Pdl: le volontà "scadono" ogni tre anniMargherita De Bac, Corriere della Sera26.01.2009 Int. a E. Roccella: "Che orrore su Eluana. Usano un cavillo per poterla uccidere"Manila Alfano, il Giornale25.01.2009 Un'operazione contro naturaMichele Brambilla, il Giornale24.01.2009 "Non riesco a capirli più. Un livore li acceca"Davide Rondoni, Avvenire22.01.2009 Int. a M. Bonanate: "Così il silenzio vivo di mio marito mi insegna a vivere"Eleonora Barbieri, il Giornale Il diritto di rifiutare la cura è l'altra faccia dell'indisponibilità della vita: tolta questa, diventa eutanasiaAdriano Pessina, Il Foglio21.01.2009 Int. a B. Del Colle: "Ci pensi bene. Sarebbe una lenta condanna a morte"Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera20.01.2009 Ma i paradossi di Rodotà non gli danno ragioneFrancesco D'Agostino, Avvenire18.01.2008 Eluana è viva. Sacconi risponda ai magistratiOscar Giannino, Libero27.12.2008 Eluana, oltre 200 sì all'appello dei mediciEnrico Negrotti, Avvenire Eluana, "fatti ordinari" che ordinari non sonoAssuntina Morresi, Avvenire23.12.2008 "Lieve, tenace è la vita". Teatro civile per EluanaPino Ciociola, Avvenire 21.12.2008 "Lasciar morire Eluana contro il dovere medico"Enrico Negrotti, Avvenire20.12.2008 Una legge che eviti gli errori giudiziariRoberto Colombo, Avvenire 19.12.2008 L'altra Eluana: si risveglia dopo un anno di comaOscar Giannino, Libero18.12.2008 Fisichella: "La vita umana va difesa"Franca Giansoldati, Il Messaggero12.12.2008 Un bel prodotto che tira. La morte nel mercato d'oggiDavide Rondoni, Avvenire04.12.2008 Eluana e l'enigma della coscienzaJoaquin Navarro-Valls, la Repubblica 03.12.2008 Francia, no all'eutanasiaDaniele Zappalà, Avvenire27.11.2008 "Ci hanno tolto Terri, Eluana non riviva quell'orribile agonia"Viviana Daloiso, Avvenire Si fa presto a dire eutanasia. Non cascateciLucetta Scaraffia, il Riformista Liberi di fare tutto. E non di cambiare idea?Giulia Galeotti, Avvenire26.11.2008 Eluana e le suore, amore incondizionato che converte l'angoscia nella speranzaPiero Benvenuti, Avvenire 23.11.2008 Non sit-in di pressione politica ma libera, genuina invocazioneMarina Corradi, Avvenire 22.11.2008 Veglie di preghiere, rosari e incontri. La mobilitazione per la giovane continuaAvvenire Le associazioni: in Europa per tutelare i dirittiPaolo Viana, Avvenire 21.11.2008 Morire per un'idea. 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Notte di domande a "La Quiete"

Quella tosse squassa le prime coscienze
da Avvenire, 6 fabbraio 2009

Mettiamoci nei suoi panni: un viaggio allucinato e allucinante. Di notte, su un’ambulanza, lui e lei da soli, costretti dallo spazio angusto a una vicinanza che non era mai avvenuta prima, per ore uno in compagnia dell’altro, muti in due silen­zi diversi. Vicini, terribilmente vicini. Si so­no incontrati così, Eluana e il dottor Ama­to De Monte, e lui ne è uscito «devastato»: per l’aspetto di Eluana – si è detto e ha fat­to intuire lui stesso, ma senza spiegarsi mai troppo, lasciando vaghi i contorni della sua «devastazione» – o forse per qualcos’altro che in quel viaggio gli ha ingombrato l’a­nima come un fastidio sottile e insistente, che lui ha voluto scacciare ma ogni tanto ancora gli torna? Va, l’ambulanza, incrocia gocce di acqua e neve e i fari di altre vite viaggianti nella notte, ignare di quel carico di vita tra­sportato a morire, mentre Eluana dorme, perché questo fa di notte, da molti anni. Avrà vegliato, invece, il dottor De Monte, e quante volte avrà guardato quel sonno forse un po’ agitato dalla mancanza di un letto, sempre lo stesso da quindici anni, del tepore di una stanza, dei rumori e de­gli odori sempre uguali e rassicuranti, del­la carezza frequente di una suora? Poi è arrivata l’alba e un cancello si è inghiotti­to Eluana, nessuno l’ha più vista se non i volontari e il medico, ancora lui, tacitur­no con i giornalisti, scuro in volto, sempre frettoloso, anche la sera quando si allon­tana pedalando sulla bicicletta per le stra­de di Udine. «Eluana è morta diciassette anni fa», ave­va detto in quell’alba di martedì scorso, la­sciando con sollievo l’ambulanza e quella strana compagna di viaggio che l’aveva de­vastato, lui, medico anestesista e rianima­tore che chissà quante ne deve aver viste in vita sua... Ma dopo una notte ne segue sempre un’altra, e un altro confronto con Eluana, che morta non è e quindi si agita... Passa la prima notte, la seconda andrà me­glio – si dice il medico – ma così non è, per­ché Eluana non pare più la stessa, poche ore fuori casa e qualcosa è già cambiato. Tossisce, Eluana. Tossisce? Sì, tossisce, e di una tosse che squassa i suoi (forti) polmoni ma forse di più l’udito e le coscienze di chi l’ascolta e non sa che fare. Tossisce, si scuo­te, quasi si strozza e intanto, proprio come farebbe ciascuno di noi, tende e tirarsi su, cerca aria, solleva le spalle ma non riesce. Dove sono quelle mani che a Lecco sape­vano sempre cosa fare? Perché non accor­re chi immediatamente compiva quel pic­colo gesto che dava sollievo? Eluana tossi­sce sempre più, una tosse che accenna ad essere ribellione di un corpo, che è richie­sta, che è grido. Una tosse che, beffarda, sembra fare il verso a chi dice 'Eluana è morta diciassette anni fa': no, un morto non si agita nel letto sconosciuto. Gli infermieri-volontari provano di tutto, ma appartengono all’équipe di De Monte, conoscono a memoria il protocollo per far­la morire, che ne sanno ora dei piccoli ge­sti che sono propri di una vita, di quella vita? Come si gestisce una «morta» che fa i capricci e nel solo modo che conosce pe­sta i piedi? Dovevano essere devastati an­che loro, l’altra notte, se alla fine si deci­dono a fare il fatidico numero di Lecco e con nuova umiltà chiedono al medico cu­rante di Eluana: come facevate a farla sta­re bene? Il dottore deve aver provato a spie­gare come mai in quindici anni non era stato necessario aspirare il catarro (l’incu­bo dei disabili come lei), avrà indicato al collega le mosse da fare, ma il resto non poteva spiegarlo: accarezzatela, osservate il suo respiro e ascoltate il battito del suo cuore – si erano tanto raccomandati da Lecco quella notte lasciandola partire per Udine –, sono i tre elementi che vi porte­ranno ad amarla... Ma questo nel proto­collo non sta scritto e nessuno lo può in­segnare. Questo raccontano tra i sussurri dalla «Quiete», la casa di riposo in cui la notte è passata agitata un po’ per tutti. Inutile invece chiedere conferme alla cli­nica di Lecco: medici e suore hanno giu­rato silenzio e quella è gente che ha una so­la parola. Tacciono e pregano. Ma a Udine avevano giurato sul protocollo di morte, mentre quella tosse di vita «devasta» già le prime coscienze.
Lucia Bellaspiga

lunedì 9 febbraio 2009

da ilsussidiario.net
ELUANA/ 2. Olivetti (costituzionalista): la scelta di Napolitano è solo politica e di parte
Marco Olivetti

lunedì 9 febbraio 2009
Il rifiuto del Presidente della Repubblica Napolitano di firmare – venerdì 6 febbraio – un decreto legge predisposto dal IV governo Berlusconi, nel quale si disponeva l’obbligatorietà di garantire i trattamenti di idratazione ed alimentazione ai malati in stato vegetativo permanente, nell’attesa dell’approvazione di una legge in materia, ha riproposto la non nuova questione del rapporto fra Governo e Capo dello Stato in materia di decreti-legge.

Per comprendere il problema, occorre muovere dalla caratteristica di fondo della forma di governo italiana: quella di un regime parlamentare razionalizzato (sia pure in misura debole). In tale sistema la determinazione dell’indirizzo politico – e quindi delle scelte legislative – spetta al cosiddetto continuum fra corpo elettorale, maggioranza parlamentare e governo, con un ruolo-chiave del Presidente del Consiglio all’interno di quest’ultimo. Ciò non vuol dire che non esistano contropoteri, sia interni alla forma di governo (il Presidente della Repubblica anzitutto, ma anche le minoranze parlamentari), sia esterni ad essa (la Corte costituzionale, la magistratura, e più in generale la società civile). Nel nostro sistema parlamentare questo assetto di fondo è stato a lungo segnato dalla debolezza degli esecutivi, causata dalla frammentazione delle coalizioni che li sostenevano. Una debolezza, peraltro, che appare in buona misura consegnata al passato, almeno per quanto riguarda l’attuale governo.

Fra gli strumenti per attuare il proprio indirizzo politico di cui un governo dispone, la nostra Costituzione prevede i decreti-legge. E’ noto che i costituenti immaginavano un uso raro ed estremo di tale istituto e lo hanno per questo circondato di varie cautele, previste nell’art. 77, fra le quali la decadenza ab origine in caso di mancata conversione in legge entro sessanta giorni dall’emanazione. La Costituzione è tuttavia chiara nel precisare che le scelte in materia di decreti legge spettano al Governo e al governo soltanto: essi sono adottati “sotto la sua responsabilità”. Al Capo dello Stato spetta solo il potere di emanarli, dopo che essi sono stati deliberati dal Consiglio dei Ministri. Ma in che cosa consiste tale potere di emanazione? Si traduce esso in un potere di controllo che può mettere capo ad un rifiuto di emanare un decreto legge deliberato dal Consiglio dei Ministri?

Giustamente, nei giorni scorsi, si è sottolineato da più parti che il Presidente della Repubblica non è un “passacarte”. Il momento dell’emanazione introduce infatti una preziosa risorsa nel procedimento di formazione del decreto-legge (nonché del decreto legislativo delegato e del regolamento governativo). Esso offre al Presidente della Repubblica l’opportunità di formulare al Governo una serie di rilievi circa il contenuto del decreto e riguardo alla sussistenza dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza. Tali rilievi vanno formulati anzitutto in via riservata, e possono – a nostro avviso – essere proposti anche preventivamente alla delibera del Consiglio dei Ministri, nel contesto di un dialogo fra governo e Capo dello Stato che è necessario in un regime parlamentare. C’è di più: il Presidente della Repubblica può spingersi a chiedere al governo di riconsiderare un decreto da esso già deliberato e di sottoporglielo di nuovo e può rendere pubblica la propria posizione, chiamando l’opinione pubblica a sostegno della sua tesi. Ed in effetti vi è una serie di precedenti in questo senso, in alcuni dei quali il governo in carica pro tempore ha accolto i rilievi presidenziali o ritirato il decreto (si pensi al decreto Conso su Tangentopoli, che il governo Amato non ripresentò al Presidente Scalfaro dopo un invito di questi a riconsiderarlo).

Se tutto ciò è vero – e conferma che il Presidente non è affatto un passacarte – appare invece da escludere che egli possa rifiutare in via assoluta di firmare un decreto legge deliberato dal Consiglio dei Ministri (eventualmente dopo che tale organo abbia preso atto dei rilievi presidenziali): e mi pare manchino nella nostra esperienza costituzionale precedenti di questo tipo: i precedenti citati da Napolitano per giustificare il suo rifiuto di firmare rientrano piuttosto fra gli inviti a riconsiderare il decreto, che vennero accolti dai governi in carica.

L’eventualità, invece, di un rifiuto assoluto di emanazione dovrebbe essere ristretta ad ipotesi-limite, consistenti in un vero e proprio attentato alla Costituzione, mirando a mutarne la forma di governo, o in una lesione irreparabile dei diritti fondamentali. Per altri casi di sospetta incostituzionalità del decreto legge (a prescindere dalla legittimità di un tale dubbio, che nel caso dello scontro fra Berlusconi e Napolitano, a nostro avviso, non sussiste) l’ordinamento prevede infatti appositi rimedi, che vanno dal controllo parlamentare in sede di conversione del decreto in legge al giudizio di costituzionalità, e prima ancora, alla interpretazione (non necessariamente “creativa”) del decreto stesso da parte dei giudici in sede di applicazione concreta di esso.

E’ bene, dunque, riflettere pacatamente sul caso verificatosi venerdì 6 febbraio: in esso vi è un vulnus alla Costituzione che consiste in un ingiustificato ed abusivo esercizio delle prerogative presidenziali in sede di emanazione di un decreto-legge. Un vulnus di cui qualcuno potrebbe un giorno pentirsi, magari a cariche istituzionali invertite.

In questa occasione, il Presidente Napolitano ha fatto un uso quantomeno scorretto dei poteri che la Carta costituzionale gli attribuisce: un uso che contrasta sia con l’interpretazione letterale della Costituzione, sia con la logica (il regime parlamentare) che la ispira e la sorregge. Ciò vale indipendentemente dalle motivazioni addotte dal capo dello Stato circa una presunta illegittimità costituzionale del decreto legge: quest’ultima, infatti, non sussiste, ma, anche ove esistesse, la Carta costituzionale non attribuisce al Presidente della Repubblica il potere di decidere in maniera vincolante su di essa, con le sole eccezioni sopra ricordate.

La scelta di Napolitano va restituita alla sua essenza specifica: quella di un atto politico, ideologicamente partigiano, e non a funzioni di garanzia della Costituzione. La quale non è certo “sovietica”, come si è inopportunamente sbilanciato a dire ieri il Presidente del Consiglio, anche se qualche ombra sovietica aleggia su taluni suoi interpreti o sedicenti garanti.

domenica 8 febbraio 2009

Il padre di Terri Schiavo a Beppino: si fermi prima che sia troppo tardi...

Padre di Terri Schiavo a Beppino: e' morte dolorosa (FONTE: ANSA.IT)

"I sostenitori dell'eutanasia le diranno che far morire di fame e di sete una persona con danni cerebrali non causa dolore, sono stato testimone di questo tipo di esecuzione e possi dire che è falso. E' di gran lunga la morte più dolorosa che un essere umano possa sperimentare": il padre di Terri Schiavo, Bob Schindler, ha scritto una lettera a Beppino Englaro, di cui il Tg1 ha anticipato il testo che sarà pubblicato domani sul sito di "il sussidiario. net" quotidiano on-line della fondazione per la sussidiarietà. "Entrambi abbiamo fatto esperienza della stessa disgrazia e dello stesso dolore. Tuttavia, vi è una differenza; sua figlia è ancora viva, la mia non più. Lei ha ancora il controllo sul futuro di Eluana io non ho potuto fare nulla per Terry". Nel 1998 viste inutili le speranze di cura, il marito chiede che siano staccati i tubi che la tenevano in vita. I genitori si opposero ma la vicenda si concluse nel 2005 con la morte della donna. "Dio ha dato a lei e a me la resposnsabilità di insegnare i principi morali ai nostri figli e di tenerli fuori dalla cattiva strada. Far morire di fame e di sete sua figlia - conclude il padre - è lontano da ciò che Dio desidera".


Comunicato stampaCL: preghiamo per Eluana

Accogliendo le parole del Segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata - «Quando ci avviciniamo al mistero del dolore e della morte bisogna, per chi crede, pregare» -, Comunione e Liberazione, oltre che alle iniziative di dialogo e di giudizio di queste settimane, invita a partecipare ai momenti di preghiera per Eluana organizzati dalle diocesi e a promuoverne nei luoghi di vita, di studio e di lavoro.
Da don Giussani abbiamo imparato che «solo il divino può “salvare” l’uomo, cioè le dimensioni vere ed essenziali dell’umana figura e del suo destino solo da Colui che ne è il senso ultimo possono essere “conservate”, vale a dire riconosciute, conclamate, difese». Tanto è vero che quando viene meno il riconoscimento del Mistero presente nella storia, risulta difficile riconoscere tutta la grandezza dell’uomo.
Per questo invitiamo a pregare per una vita che è affidata al Mistero buono che fa tutte le cose, e perché Dio possa illuminare coloro che hanno responsabilità a tutti i livelli.
l’ufficio stampa di CLMilano, 6 febbraio 2009.



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" Perciò il sacrificio nn è sospendere la volontà di qualche cosa, sospendere l'amore a qualcuno o a qualcosa, non è eliminare niente, ma arrestare la volontà che si sta comportando contro la natura della cosa. Se nn puoi usare la cosa secondo il suo destino, se nn puoi usare di qst rapporto affettivo secondo il suo destino, sei un delinquente: è un delitto!"Ma è impossibile il sacrificio!": il sacrificio è necessario, come è necessario nn commettere un delitto"
("Si può vivere così?", Luigi Giussani)

sabato 7 febbraio 2009

Eluana Englaro
Caso Eluana, parla l'ateo Jannacci: allucinante fermare le cure
«La vita è importante anche quando è inerme e indifesa. Fosse mio figlio mi basterebbe un battito di ciglio»


http://tracce.it/default.asp?id=376&id_n=8932

"Lei è una donna. Una donna di trentotto anni: ha la mia stessa età. Ha il ciclo mestruale come ogni donna. Apre gli occhi di giorno e li chiude la notte. Respira benissimo e da sola, serenamente. Il suo cuore batte da solo, tenace e forte. Ci sono momenti nei quali forse sorride e atri nei quali forse socchiude gli occhi. Ma quanti sanno davvero che Eluana non è attaccata a nessuna macchina? Quanti sanno che nella sua stanza non c’è un macchinario, ma due orsacchiotti di peluche sul suo letto? Che non ha una piaga da decubito? Che in diciassette anni non ha preso un antibiotico?" Margherita Colletta

http://tracce.it/default.asp?id=376&id_n=8876&pagina=1

«Capire le ragioni della fatica è la suprema cosa nella vita, perché l’obiezione più grande alla vita è la morte e l’obiezione più grande al vivere è la fatica del vivere; l’obiezione più grande alla gioia sono i sacrifici… Il sacrificio più grande è la morte» (don Giussani).

Che società è quella che chiama la vita “un inferno” e la morte “una liberazione”?Dov’è il punto di origine di una ragione impazzita, capace di ribaltare bene e malee, quindi, incapace di dare alle cose il loro vero nome?

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=12065

lettera aperta a Beppino Englaro scritta per ilsussidiario.net da Mario Dupuis, fondatore e presidente dell’opera Edimar (realtà educativa che accoglie ragazzi disagiati), nel 14esimo anniversario della morte della figlia Anna, cerebrolesa grave